drlongo da Atlanta, Georgia
Se quel che cercate è un pò di tranquillità, mangiar sano e gustoso, in un contesto di serenità e armonia complessiva, non esitate a scegliere di passare qualche giorno in questo salutare angolo della Campania.
La sfogliatella napoletana
Un dolce dal sapore di tradizione
La città partenopea, con le sue mille sfumature - madre di storia, cultura e tradizioni - è una tappa obbligata quando si arriva nel sud Italia. Come obbligatorio è assaggiare tutti i prodotti dell’arte culinaria napoletana, conosciuti in tutto il mondo per la loro bontà.
Tra le tante prelibatezze vi è una sfoglia sottile e croccante oppure morbida e friabile, che avvolge un ripieno a sorpresa, perché al suo interno non troverete la classica crema pasticcera.
Stiamo parlando della sfogliatella, riccia o frolla che sia. Un dolce diventato ormai un “must” della tradizione napoletana, ma come è nata?
Una storia ne narra le origini: siamo nel 1600, in Costiera Amalfitana, tra i borghi di Conca dei Marini e Furore, in un monastero di monache di clausura, dove per molti è nata la cosiddetta “Santa Rosa”.
Tutto inizia da un po’ di semola cotta nel latte avanzato, e visto che niente andava buttato, si decise di metterci dentro un po’ di frutta secca, zucchero e del liquore al limone; nacque così il ripieno e poi la sfoglia che doveva accoglierlo a cui gli venne data la forma di un cappuccio di monaco.
Passano duecento anni prima che la ricetta segreta del monastero arrivi nella città partenopea grazie a Pasquale Pintauro. Quella chiamata originariamente “Santa Rosa”, come la santa a cui era dedicato il convento, venne modificata eliminando la crema, le amarene, e la forma a cappello, creando così la sfogliatella.
Oggi la bottega di Pintauro esiste ancora a Napoli, cambiando gestione, ma non il nome e l’insegna, e sfornando ogni giorno fragranti sfogliatelle per deliziare i tanti visitatori attirati dal profumo che invade le strade.
So’ doje sore: ‘a riccia e a frolla. Miez’a strada, fann’a folla.
Chella riccia è chiù sciarmante: veste d’oro, ed è croccante, caura, doce e profumata.
L’ata, ‘a frolla, è na pupata. E’ chiù tonna, e chiù modesta, ma sì a guarde, è già na festa!
Quann’e ncrontre ncopp’o corso t’e vulesse magnà a muorze.
E sti ssore accussì belle sai chi sò? Sò ‘e sfugliatelle!