Idee di viaggio

La pizza di grano

Il dolce pasquale cavese

Profumo di fiori e di crema, caldo aroma nell’aria ormai piacevole grazie all’arrivo della primavera.

Dolce pasquale tipico della pasticceria napoletana con origini antiche, un sapore inconfondibile ed una particolare consistenza.

Fior d’arancio, canditi, crema, limone, e grano, il tutto racchiuso in una friabile pasta frolla dalla magnifica doratura.

Tante le leggende narrate per raccontare la nascita di questo prelibato impasto poco dolce - quella che diverrà la famosa pastiera di grano - a cui verrà attribuito il riconoscimento di prodotto agroalimentare tradizionale campano.

Una delle leggende narra di una lontana notte, quando alcune mogli di pescatori lanciarono in mare ceste ripiene di ricotta, frutta candita, uova, grano e fiori d’arancio come offerta affinché i loro mariti ritornassero sani e salvi a casa. Al mattino le donne non solo videro tornare i mariti dal mare, ma trovarono nelle ceste una torta preparata con gli ingredienti da loro offerti in sacrificio.

Non c’è Pasqua in Campania senza pastiera di grano, ecco che una settimana prima della festività i vicoli delle strade sono invasi da un dolce odore sprigionato dalle pasticcerie e dalle tante case dove ancora si prepara l’originale dolce pasquale.

Se ad Aprile siete in questi magici luoghi dovete assolutamente sedervi al tavolo assolato di una delle tante pasticcerie cavesi ed assaporare un dolce che ha tutto il gusto di antiche e dolci tradizioni.

A Napule regnava Ferdinando
Ca passava e’ jurnate zompettiando;
Mentr’ invece a’ mugliera, ‘Onna Teresa,
Steva sempe arraggiata. A’ faccia appesa
O’ musso luongo, nun redeva maje,
Comm’avess passate tanta guaje.
Nù bellu juorno Amelia, a’ cammeriera
Le dicette: “Maestà, chest’è a’ Pastiera.
Piace e’ femmene, all’uommene e e’creature:
Uova, ricotta, grano, e acqua re ciure,
‘Mpastata insieme o’ zucchero e a’ farina
A può purtà nnanz o’Rre: e pur’ a Rigina”.
Maria Teresa facett a’ faccia brutta:
Mastecanno, riceva: “E’ o’Paraviso!”
E le scappava pure o’ pizz’a riso.
Allora o’ Rre dicette: “E che marina!
Pe fa ridere a tte, ce vò a Pastiera?
Moglie mia, vien’accà, damme n’abbraccio!
Chistu dolce te piace? E mò c’o saccio
Ordino al cuoco che, a partir d’adesso,
Stà Pastiera la faccia un pò più spesso.
Nun solo a Pasca, che altrimenti è un danno;
pe te fà ridere adda passà n’at’ anno!”

 

 

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